Come funzionano le app di contact-tracing (Immuni)

Proverò a spiegare con un linguaggio non troppo tecnico (mi scusino i colleghi informatici) il funzionamento dell’app Immuni, sperando di dissipare qualche dubbio e fornendo anche alcune considerazioni personali.

Innanzitutto una premessa: l’app Immuni utilizzerà un approccio decentralizzato, utilizzando il protocollo DP-3T, promosso e supportato anche da Google e Apple, e consiste in quanto segue: la notifica a un soggetto X (anonimo) che si è trovato in prossimità, per un certo numero di minuti, con un soggetto Y (anch’esso anonimo) successivamente risultato positivo al COVID-19, viene calcolata dall’app che gira sul dispositivo del soggetto X e non da un server centralizzato remoto.

Com’è possibile tutto questo?

  • Appena installata sul dispositivo dell’utente, l’app genera una chiave K univoca e segreta, che resterà sempre e solo conservata nel dispositivo stesso.
  • Utilizzando la chiave K di cui sopra, l’app genera delle chiavi univoche giornaliere KD1…KDn criptate (a partire dal valore di KDi non è possibile risalire al valore di K, mentre a partire da K ed essendo noto un certo giorno G, il valore generato di KDG sarà sempre lo stesso).
  • Ogni giorno, ogni X minuti (presumibilmente, ad esempio, 15 minuti) l’app genera delle chiavi periodiche (anch’esse criptate con lo stesso meccanismo di cui sopra) a partire dalla chiave giornaliera corrente, generando quindi:
    • nel giorno 1, a partire dalla chiave KD1, le chiavi periodiche KD1-q1, KD1-qn;
    • nel giorno 2, a partire dalla chiave KD2, le chiavi periodiche KD2-q1, KD2-qn;
    • e così via nei giorni successivi.
  • I valori delle chiavi periodiche sono scambiati via Bluetooth tra dispositivi che si sono trovati in prossimità tra loro, per un certo numero di minuti. Ne consegue che ogni app conosce le chiavi periodiche generate dai dispositivi che gli sono stati vicini per un certo periodo di tempo, ma non può, grazie ad esse, risalire all’identità (ossia alla chiave originale K, ma nemmeno alle chiavi giornaliere KDi) della persona che le che ha generate e nemmeno impersonare un altro dispositivo.
  • Ogni app conserva quindi un registro dei contatti anonimi avvenuti negli ultimi 14 (ad esempio) giorni.
  • Nel momento in cui una persona viene riconosciuta come infetta (dopo i risultati del tampone), un’autorità pubblica accreditata gli fornisce un codice ad utilizzo singolo che può essere volontariamente inserito dall’utente infetto nell’app. A seguito di questa azione, l’app invierà ad un server centralizzato le sue ultime 14 (ad esempio) chiavi giornaliere. Ricordo ancora che dalle chiavi giornaliere non si può dedurre l’identità dell’utente, poiché sono generate a partire da una chiave K presente sul dispositivo e non deducibile a partire dalle chiavi periodiche giornaliere.
  • il server centrale notificherà le 14 chiavi giornaliere anonime del soggetto infetto a tutta la base utenti dell’app immuni, indistintamente.
  • ciascuna app di ciascun utente, ricevuta questa lista di chiavi giornaliere infette, genera per ciascuna di esse le chiavi periodiche KD1-q1…KD1-qn, KD2-q1…KD2-qn e le confronta con quelle che aveva precedentemente memorizzato nel suo registro dei contatti anonimi degli ultimi 14 (ad esempio) giorni. Se trova delle corrispondenze, l’app notifica l’utente con: Attenzione! Sei entrato in contatto per più di X minuti con un soggetto positivo al COVID in queste date.

Ad oggi non sappiamo cosa verrà offerto dalle istituzioni agli utenti che hanno ricevuto una notifica di un contatto avvenuto con un soggetto positivo. Auspicabilmente verrà offerta la possibilità di effettuare un tampone, oppure verrà forse consigliato di mettersi in quarantena preventiva, oppure ancora semplicemente di porre maggiore attenzione nelle sue prossime interazioni sociali.

Non è chiaro se l’app fornirà ulteriori funzionalità (si è parlato di un diario clinico) e quindi adesso non vorrei soffermarmi su questo aspetto.

Riassumendo quindi, se l’app (come più volte confermato) seguirà questo protocollo:

  • nessun dato personale verrà inviato e conservato su un server centrale
  • nessuna informazione sui contatti avvenuti tra le persone (quando e chi) verrà inviata e conservata su un server centrale

Concludo con alcune considerazioni personali.

Se risultassi positivo al COVID-19, riterrei eticamente corretto avvisare, con ogni mezzo a mia disposizione, tutte le persone con cui sono entrato in contatto negli ultimi 14 giorni, ma purtroppo per molte di esse non avrei modo di farlo (es: sconosciuti incrociati in una fila al supermercato).

Immuni mi consentirebbe invece di adempiere a questo dovere morale, automaticamente, e senza grandi sforzi.

Avvisando per tempo una persona con cui ho avuto contatti come infetto, posso salvare la sua vita o quella di un suo parente anziano. Avvisando un possibile nuovo infetto e invitandolo a prendere le dovute precauzioni, posso evitare che lui ne infetti altre. In questo modo, contribuisco all’abbassamento della curva dei contagi ed ho maggiori possibilità - io stesso - di uscire prima dal lock-down.

Affinché l’app abbia un senso è stato calcolato che dovrebbe essere installata ed utilizzata dal 60% della popolazione. Se ciò avvenisse, avremmo un’arma in più (certamente non l’unica e/o la più importante) per uscire prima fuori da questa situazione.

Articolo originale pubblicato su Linkedin e Facebook

Aggiornamento all’articolo originale

Dopo la pubblicazione sui social, un contatto ha posto la seguente domanda:

Visto che il bluetooth ha una portata di 10 mt circa, come posso essere sicuro di non essere notificato come soggetto forse contagiato da qualcuno che in realtà era molto lontano da me?

E’ vero che il BT è in grado di scambiare dati in modo anonimo sino a 10 mt di distanza, ma è anche vero che analizzando la potenza del segnale si può distinguere chi sta trasmettendo dati è più vicino da chi è più lontano.

Se incrociamo questa informazione con il fattore tempo, ossia per quanto tempo due dispositivi sono stati sufficientemente vicini tra loro, si può provare a minimizzare i falsi positivi che comunque ci saranno di sicuro: prendiamo ad esempio il caso di due persone distanti 2 metri ma separate da una parete in vetro o cartongesso.

Il mio parere personale resta sempre che è meglio avere un allarme forse non necessario, che rimanere completamente ignaro…

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